Uomini della vita

Su ali d'aquila

Domenica 14 aprile 2024 - III Domenica di Pasqua


I passi del lungo discorso di Gesù nell’ultima cena del Vangelo di Giovanni non sono semplicemente la consegna che Gesù fa ai discepoli in quell’ora. L’ora di Gesù non è solo quella della passione, ma della passione, morte e risurrezione. E quindi possiamo rileggere queste parole non tanto come il lascito di Gesù prima della sua morte, ma invece come gli inviti che il crocifisso risorto ieri ed oggi continua a donarci nei cenacoli di ieri e di oggi, cioè nell’eucarestia. Inviti che ci spronano ad alzare lo sguardo verso di Lui, ad accogliere la pienezza del suo mistero di vita.

In questa domenica riceviamo una provocazione forte: in Gesù, nel suo agire, contempliamo l’agire del Padre. Gesù è la via che ci guida, ci conduce al Padre, ci aiuta a comprendere come veramente Dio agisce nella nostra storia. Dio agisce nella storia dando tutto sè stesso, lasciandosi addirittura ferire dal nostro male e dalle nostre distanze, lasciandosi ferire perchè tutti, compresi i carnefici, possano partecipare nelle sue piaghe alla sua pienezza di vita.

E’ in questa certezza che contempliamo nel crocifisso risorto, che noi non possiamo dire di non conoscere il volto di Dio, anzi. E’ proprio in questa conoscenza autentica del suo volto, che noi siamo chiamati a portare questo volto nella vita di tutti i giorni, non con predicazioni o studi eccezionali, ma vivendo pienamente la nostra vita, lasciando che lo Spirito Santo veramente ci aiuti a discernere, a riconoscere i passi da compiere, a riconoscere i passi di vita autentici da compiere.

Paolo e Sila dal loro carcere ci danno una splendida testimonianza. Potevamo scappare di fronte all’opportunità della loro liberazione, e invece in cuor loro sentono di dover rimanere lì, perchè c’è un uomo che si sta per suicidare. Di fronte alla morte che gli stava davanti, Paolo e Sila reagiscono con la Vita che è Cristo, reagiscono accompagnando l’uomo a riconoscere il volto di Gesù come un volto che da e non strappa la vita. La vita che viene accolta diventa come un profumo che rianima poi l’esistenza degli altri: nella casa del carceriere, alla fine, tutti abbracciano la fede cristiana, accogliendo la Parola e lasciandosi battezzare. C’è un particolare che dice poi il tratto della conversione: da uomo della violenza, il carceriere diventa uomo che guarisce, uomo che dona il balsamo della guarigione e lenisce le ferite altrui, insomma uomo della vita.

Gli uomini della vita, dice Paolo nella lettera ai Colossesi, sono coloro che non hanno paura di lasciarsi ferire, di assumere le sofferenze che il male è pronto sempre a sferzare contro la vita. Gli uomini della vita, tuttavia, non incassano il colpo, ma reagiscono con le ferite di Cristo Gesù, con le sue ferite cariche di amore, cariche di perdono, cariche di vita. Alla morte il cristiano reagisce sempre con la vita, con il suo donarsi totale e pieno. Questo è il cristiano: un uomo di vita, che dona la vita, che sta nella vita anche quando potrebbe reagire, perchè la sua via, la sua verità, la sua vita è Cristo, il volto splendente del Padre, il volto autentico dell’amore.

In un mondo segnato dal desiderio di morte contro la vita nascente e contro l’uomo, segnato da diversi metodi di morte, rispondiamo con la pienezza della vita che è Cristo, rispondiamo con segni che sgorgano solo dal suo Spirito, segni che non hanno paura di dire la verità che è l’uomo, discepolo del Padre, continuatore della sua opera di vita nella Pasqua del Figlio.
 

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